Cosa sta accadendo all’economia europea in termini di approvvigionamento e disponibilità di materie prime, sempre più introvabili e costose? Abbiamo provato a fare chiarezza sugli scenari mondiali che si celano dietro agli aumenti dei prezzi e alla mancanza di materie prime.
Nelle ultime settimane la disponibilità delle materie prime è l’argomento sulla bocca di tutti, perchè sta provocando aumenti di prezzi senza precedenti e ritardi nelle consegna non solo nel settore del mobile, ma in tutti i comparti produttivi. Una ripresa post-pandemia che sembra ormai minata dalla mancanza di materie prime, davvero difficili da reperire, spesso introvabili, con tempi di consegna triplicati, e aumenti dei prezzi dal 10% al 50%. La carenza sta colpendo il settore del legno, con pannelli e semilavorati, ma anche la metallurgia per quanto riguarda l’approvvigionamento di metalli come cobalto, rame, litio, oppure materiali plastici quali pvc o polipropilene.
Una condizione insostenibile e di difficile risoluzione per le aziende produttive e per le filiere, che ha comportato anche per noi di Brugnotto Group aumenti dei costi su tutte le tipologie di pannelli, semilavorati e legno. Come evidenziato in una recente intervista Alvisio Senatori, Presidente di Confartigianato Legno e Arredo AN – PU, la situazione è davvero grave. Le imprese hanno notevoli difficoltà a reperire MDF e truciolare, di conseguenza «prospettano già tempi di consegna a 2 o 3 mesi avvertendo che il prezzo di vendita non è ancora definito».
Per capire la complessità della situazione della carenza di materie prime a livello mondiale, basti pensare all’improvvisa accelerazione che hanno subito i futures legname negli Stati Uniti. Secondo le stime, infatti, i prezzi sono aumentati del 49% nel giro di tre settimane a partire dal mese di aprile 2021, raggiungendo valori che hanno superato il doppio di quelli dello scorso anno, nello stesso periodo e raggiungendo i mille dollari per piede tavolare. Come riportato dal Corriere della Sera, anche l’Europa ha iniziato a soffrire le stesse dinamiche di aumento dei prezzi del legno da costruzione e in generale delle materie prime, con aumenti del 60-70% rispetto alle contrattazioni dello scorso anno. Sempre secondo l’articolo, il legno lamellare - uno fra i più usati nel settore arredo - è passato da 400 a 700 euro al m³.
Quali sono i motivi economici più profondi che hanno portato alla mancanza di materie prime?
Le ragioni sono svariate e le conseguenze sono legate alla loro concatenazione, unita ad una mal gestione da parte degli enti governativi che non hanno saputo prevedere e gestire la situazione. Proviamo a fare un po’ di ordine in questo difficile contesto.
-
Effetto pandemia: la prima causa è proprio la pandemia da Covid-19 che ha portato le aziende europee a prepararsi ad un calo del fatturato dovuto alle chiusure. La riduzione dei ritmi di produzione ha avuto come inevitabile conseguenza un aumento dei costi fissi, riversatosi poi sui prezzi finali delle materie prime. Con la ripartenza il forte aumento nella domanda di materie prima come legno e metalli ha creato un effetto speculativo importante a fronte di magazzini di stoccaggio sostanzialmente vuoti.
-
Effetto Dry Baltic Index (DBI): in sintesi la difficoltà dei trasporti e l’aumento del costo del trasporto causato proprio dal “Dry Baltic Index” ossia l’indice che definisce gli oneri di nolo marittimo per prodotti secchi e sfusi che ha sostanzialmente registrato nell’ultimo anno un +605% (fonte: Agenzia ICE). Questo aumento in particolare dipende dal nuovo regolamento dell’Organizzazione marittima internazionale che ha imposto alle navi di abbassare la quota di zolfo nell’olio comportando la necessità di rottamare molte imbarcazioni container scaricando gli investimenti sempre sui prezzi.
- Effetto Cina: un punto sicuramente complicato da analizzare e difficile da esaurire in poche righe. Secondo quanto riportato dalla sezione Economia del Corriere della Sera, questo difficile processo economico non si esaurirà velocemente e sta già portando la domanda globale di legno di conifera segato a superare la produzione reale arrivando a 350 milioni di metri cubi. Fra le cause si può risalire alla Cina, che dopo la pandemia ha definito un programma governativo che prevede la costruzione di comparti residenziali totalmente in legno in previsione delle Olimpiadi di Tokio 2022. Le stime sono abbastanza preoccupanti: secondo l’analisi di mercato di Assolegno la domanda di legno di Pechino per fini strutturali potrebbe toccare i 75 milioni di metri cubi nel 2022. La stessa Assolegno, l’Associazione nazionale delle industrie di prima lavorazione e costruttori in legno di FederlegnoArredo, ha chiesto l’intervento al governo per far fronte a questa straordinaria dinamica dei prezzi.
Non solo legno: la scarsità dei metalli
La Cina ha già mosso i primi passi per accaparrarsi la disponibilità anche di altre materie. Il governo cinese e le principali aziende nazionali possiedono infatti in Congo le maggiori miniere di metalli, tra cui cobalto, litio e rame che poi lavorano e trasformano direttamente all’interno delle loro fabbriche cinesi. Stiamo parlando di materie prime che hanno una disponibilità limitata e che sono necessarie per il processo green che si sta avviando in tutto il mondo. Ad esempio il litio è impiegato per produrre le batterie delle auto elettriche, mentre il cobalto è indispensabile nella produzione del ferro. Secondo Il Sole 24 la produzione di batterie in Cina sarebbe aumentata nel 2021 del 300% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Inoltre la Cina ha sottoscritto un accordo per l’estrazione di questi preziosi metalli con il Congo fino al 2033.
Quali conclusioni trarre sulla scarsità di materie prime
Eventi naturali, costi logistici e attività governative cinesi hanno quindi dato vita a questa complessa situazione. Da ottobre del 2020 è nata in Europa l’European Raw Material Alliance (ERMA), l’Alleanza per le materie prime che ha lo scopo di agevolare le attività interne tradotte in sviluppo di imprese per il riciclo dei materiali, favorire le estrazioni interne dove possibile e rivedere la legislazione europea. Fra le richieste più importanti vi è l’eliminazione dei dazi del 25% legati al superamento dei limiti di import di acciaio da Paesi extra Ue. Togliere questi dazi sarebbe una misura necessaria sul breve periodo, mentre andrebbe incentivata la reindustrializzazione in Europa, accorciando le filiere delle commodity. Ci affidiamo quindi all'intervento dell’Unione Europea consapevoli che gli scenari mondiali stanno subendo un grande cambiamento che dal nostro punto di vista è solo all’inizio!